MODULO DI ARTE DEI GIARDINI

prof. Enza Stagnini

APPUNTI LEZIONE 4

 

torna all'indice delle lezioni

 

IL  LUSSO  DELLA  PAUSA

(L'Ottocento)

 

L'0ttocento

Riassumendo brevemente e riprendendo il discorso interrotto nella lezione precedente dai cenni sui giardini orientali, rientriamo nel merito del dibattito inglese che ci porterà all'Ottocento.

Horace Walpole nella seconda metà del XVIII secolo, proponendo la prima 'storia del giardino paesaggistico', ne dichiarerà padre William Kent, che abbiamo visto come fu capace di saltare la barriera di ogni recinzione del giardino, perché tutto il paesaggio è un giardino.

Dopo l'opera di Lancelot Brown - considerato il primo autore a dare una struttura compositiva al giardino paesaggistico, nel senso che egli interviene sulla natura non aggiustandola come faceva Kent ma progettandola, sfruttando le potenzialità (capabilities) delle proprietà dei suoi clienti da guadagnarsi il nomignolo di Capability Brown - troviamo, come grande continuatore di Brown, Humphry Repton (1752-1818).

Repton ci ha lasciato sia opere realizzate che scritti (oltre 400 pezzi) raccolti nei Red Books, in cui non solo espone i suoi principi progettuali e registra le fasi di lavoro ed i rapporti con i committenti allegando i famosi schizzi acquerellati con le fasi del prima e dopo progetto, ma fa anche una catalogazione delle opere di Brown.

E' il primo ad usare il termine Landscape gardening e ad esplicitarne il significato in quanto "il migliorare la scena di una contrada, al fine di mostrarne le bellezze spontanee con il massimo vantaggio, costituisce un'arte che ha origine in Inghilterra e che è stata denominata English Gardening. Ma questa espressione non è del tutto appropriata, in quanto non contempla l'importanza ed i meriti dell'orticultura, ed io ho adoperato il termine Landscape Gardening come più comprensivo, poìchè quest'arte può progredire e perfezionarsi soltanto associando all'opera del pittore paesaggista quella del giardiniere pratico e dell'arboricultore".

Ma questo non è tutto. E non è così banale come potrebbe apparire a prima vista. Dai suoi Red Books possiamo leggere, attraverso le immagini esemplificative della sua tecnica delle prospettive prima e dopo - con le quali presentava i progetti ai suoi clienti-, come le sue finalità siano sempre di tipo estetico.

- I 66 - Humphrey Repton, Red Books -

L'immagine rappresenta una collina parzialmente coltivata a campi regolari successivamente trasformata in un landscape garden, indifferente alla produzione agricola che nella prima immagine faceva da protagonista ed informatore di un nuovo paesaggio globale.

- I 67 - Humphrey Repton, Red Books -

Quest'altra immagine di prospettive prima e dopo testimonia come la tesi 'il paesaggio è la priorità' fosse sufficiente per passare sopra con indifferenza alla vita reale in nome di un'estetica romantica che sempre più evidente si faceva strada nella cultura di fine settecento. Per di più diventando 'tutto il paesaggio giardino', almeno fin dove l'occhio poteva arrivare, qualsiasi ostacolo alla formazione della scena desiderata, considerata ottimale, doveva essere eliminato senza alcuna considerazione per categorie non estetiche, fossero pure di importanza economica e produttiva, come dimostra questo esempio. Bastava quindi distruggere la cava, in primo piano, e le abitazioni dei minatori per poter formare una scena paesaggisticamente ottimale per i proprietari e gli ospiti della residenza inglese da cui si riprende la scena.

La seconda coppia di prospettive ci racconta come un semplice maquillage architettonico con legno e stucco può trasformare un austero edificio georgiano di un giardino in un romantico tempio neoclassico. Per quanto questo esempio confermi la pratica neoclassica nell'architettura del tempo, non meno comunica come per Repton l'architettura sia considerata come una forma di comunicazione di sentimenti prima che di stili architettonici.

 

In Inghilterra nel 1794 divampò una polemica estetica quando Uvedale Price pubblicò il suo Essay on the Picturesque, ed investì il rapporto uomo/natura così fortemente presente nel landscape garden.

L'oggetto dell'infuocata polemica è il giardino paesaggistico, o meglio quello che ne risulta in seguito ad una elaborazione teorica ritenuta insufficiente dagli innovatori. Il fine paesaggistico non è l'ottenimento di una bellezza naturale ma la costituzione di una bellezza pittoresca.

Come per l'estetica romantica - della quale è parte - la teoria del giardino pittoresco (ma anche di tutto il territorio pittoresco) si basa su concetti esagerati, che si esprimono nella valorizzazione e nella contemplazione di paesaggi esagerati.

 

Una parentesi per conoscere il termine pittoresco .

Gli inglesi hanno inventato un complicato ed affascinante gioco di classificazione delle scene di paesaggio secondo categorie estetiche. Edmund Burke vi diede inizio, o almeno statuì alcune delle regole più importanti, stabilendo  le definizioni del bello e del sublime.

Il bello è caratterizzato dalla piccolezza, dalla regolarità e alla gradualità della variazione (e sarà successivamente esemplificato dai dolci paesaggi progettati da Capability Brown).

Scriveva Burke in 'Ricerca filosofica su l'origine delle nostre idee del bello e del sublime', 1756: il tipo di sensazione che hanno avuto viaggiando velocemente in una comoda carrozza su un liscio tappeto erboso, con salite e declivi graduali. Questo darà un'idea di bello meglio di qualsiasi altra cosa".

Al bello si contrapponeva il sublime caratterizzato invece come terribile, irregolare e selvaggio: montagne, abissi e bestie feroci.

Verso la fine del XVIII secolo, William Gilpin e Uvedale Price (nel suo Essay on the Picturesque, 1794) resero popolare il termine "pittoresco". Price suggeriva che esso dovrebbe essere applicato a qualsiasi "tipo di scenario che sia stato, o potrebbe essere rappresentato con buon effetto nella pittura". Si riferiva alla pittura romantica del paesaggio, con le sue scene caratterizzate da irregolarità e variazioni improvvise.

Il pittoresco tende verso il sublime, ma senza quel forte carattere di terribile e d'infinito, ed evita la regolarità del bello. Di esso fa parte anche l'imprevisto.

 

Tornando alla polemica tra giardino paesaggistico e giardino pittoresco, il principale bersaglio della polemica, il fortunato e famoso Capability Brown era già morto (1783) e al centro della disputa finì il suo discepolo Humphry Repton (landscape gardener) che tentò di sostenere, all'interno della querelle, che aveva già inglobato nella sua pratica professionale l'estetica del pittoresco, portando a testimonianza di ciò la sua raccolta di saggi, appunti e manoscritti dei suoi Red Books. Ma la sua lettera a Price ebbe come risposta la lettera a Repton.

 

Uvedale Price (1747-1829) insieme con William Sawrey Gilpin ( 1724-1804) e Richard Payne Knight (1750-1824) furono i giovani intellettuali protagonisti di questa rivolta, pubblicando saggi di estetica e modelli propositivi di grande efficacia comunicativa, facendo ricorso nelle loro scene alla tecnica del prima e dopo che il landscape gardener faceva da tempo per i suoi scenari progettuali.

 

- I 68 - W.Gilpin, Banalità naturale/sublime del pittoresco, tratto da 'Three Essays:…', 1792 Londra -

Qui uno dei primi modelli di alternativa tra la banalità naturale e il sublime del pittoresco, tratto dal libro di Gilpin del 1792, Three Essays: On Picturesque Beauty; On Picturesque Travel; and On Sketching Landscape; to Which is Added a Poem, On Landscape Painting. L'opposizione sta tra la dolcezza delle linee sinuose di un vasto paesaggio naturalistico (il giardino essendo troppo piccolo per simili cospicue visioni estetiche), e l'immagine aggressiva di un ambiente complesso e selvaggio, capace di produrre nuove e forti emozioni che, se non si trovano in natura, si possono costruire, quando i fondamenti estetici sono saldi. Un tema estetico che irromperà nel giardino.

 

- I 69 - Incisioni di Thomas Hearne, da 'The landscape, a Didactit Poem' di R.P.Knight, 1794 Londra -

Possiamo considerare queste incisioni come una eccezionale ed eloquente attestazione della polemica tra il giardino paesaggistico ed il giardino pittoresco.

La prima illustrazione vuole irridere i modi naturalistici di Lancelot Brown, ormai diffusi in tutta l'Inghilterra dell'epoca; la seconda è la proposta manifesto, sinteticamente figurativa, del possibile prossimo futuro: un ambiente naturale pensato artisticamente.

 

- I 70 - J.C.Loudon, Prospettive prima e dopo, tratte da 'A Treatise on Forming, Improving, and Managing Country Residence…so as Combine Architectural Fineness with Picturesque Effect', Londra 1806 -

John Claudius Loudon partecipa al movimento ormai diffusissimo che propugna la nuova estetica del giardino pittoresco in contrapposizione con quello paesaggistico dichiarato poco naturale. Centrato sull'integrazione organica degli interventi ambientali con quelli architettonici, gestiti in maniera eclettica, ma con grande eloquenza semantica, il suo modo di riprogettare il mondo costituiva in effetti un superamento del modello paesaggistico.

Negli anni trenta fu definito gardenesque.

Gardenesque significa saper operare, anche con le tecniche di Repton - del quale Loudon pubblicò l'edizione delle opere complete -, in un grande parco ed in un piccolo giardino, organizzare fiori in un insieme floreale dai bordi erbosi, ma anche collocarli in regolari aiuole: una sorta di continuo eclettismo ad ampio spettro, basato non solo sul buon senso ma pure sulla maestria e la perizia del gardener.

Gardenesque significa, in fondo, uno stile calcolato per far emergere l'arte del gardener.

Queste due immagini, nella logica propositiva del prima e dopo, anticipano la nuova tendenza, la esprimono già in gran parte, pur non avendola Loudon ancora compiutamente formulata al tempo della loro pubblicazione. Sono tratte dal suo volume ''A Treatise on Forming, Improving, and Managing Country Residence…so as Combine Architectural Fineness with Picturesque Effect', stampato a Londra nel 1806.

La combinazione tra finezza architettonica ed effetto pittoresco è qui chiaramente esemplificata.

Un semplice edificio, Barnbarrow, ambientato paesaggisticamente secondo la lezione di Brown o di Repton prima maniera, è trasformato architettonicamente insieme al suo contesto in maniera tanto irruenta da fare definire poi la casa BarnBarroch. La sequenza delle due immagini esprime in pieno l'ideologia che nutriva la violenta polemica tra paesaggistico e pittoresco, estesa ovviamente a tutte le categorie artistiche e non solo alle pratiche del giardinaggio. L'artificio del disegno sottolinea la specificità delle due estetiche fra loro alternative: tutto è naturale e normale nella prima, tutto è eccezionale e pittoresco nella seconda, ed appunto in modo gridato.

- I 71a - J.C.Loudon, Tre immagini tratte da "Treatise on Forming, Improving and Managing Country Residences…", Londra 1806 -

L'eclettico John Claudius Loudon in questa enciclopedia di tutto il sapere del gardener affronta ancora una volta ed in maniera efficacemente didattica il tema del confronto tra paesaggistico e pittoresco.

Le tre immagini raccontano il paesaggio dal serpentine style (specifico del giardino paesaggistico di Lancelot Brown e del primo Repton) all'irregular style, peculiare del giardino pittoresco, propugnato da William Gilpin, Uvedale Price e Payne Knight, in contrasto con l'ancora attivo Humphry Repton.

La scena realistica, in alto, mostra la dolce situazione di un corso d'acqua sinuoso, ambientato in una scena adeguata, nell'articolarsi di parterre ed alberature a grappolo e qualche albero isolato.

La planimetria al centro, per mezzo di un'ingegnosa sovrapposizione, illustra sia questa situazione che quella futura.

L'ultima tavola presenta il paesaggio innovato e che, preso dallo stesso punto di vista del primo, dimostra come la tranquilla staticità precedente possa, con interventi contenuti, acquisire una valenza semanticamente antitetica, aderente alle esigenze del nuovo gusto.

La capacità didattica del metodo del prima e dopo è qui massima nello spiegare l'opposizione tra due concezioni estetiche della figurazione della natura.

Chi aveva sostenuto la funzione stimolante di sentimenti di un paesaggio naturale, oppure organizzato artificialmente dall'uomo proprio per apparire naturale, di fronte a questa triade di illustrazioni non poteva non riconoscere che i sentimenti originati dall'immagine pittoresca erano indubbiamente più intensi di quelli suscitati da quella paesaggistica.

Se il fuoco del dibattito fosse stato la produzione quantitativa di sentimenti, l'estetica del pittoresco avrebbe vinto per sempre.

 

Nel 1830 Loudon apre la querelle fra pittoresque e gardenesque con un articolo sul 'Gardener's Magazine', dove interviene sulla necessità del superamento dello stile pittoresco, visto come restrittivo nei confronti della natura, rispetto alla quale afferma che è necessario che ogni elemento naturale, e le piante soprattutto, sia libero di crescere e svilupparsi senza costrizioni. In questo principio Loudon vede il punto di partenza per la progettazione di ogni giardino.

Inevitabilmente la sua idea entra in contrasto con il concetto di 'pittoresco' che ha come fine quella ricerca di contrasti ed effetti particolari che si ottengono addensando la piante o forzandole in ambientazioni predeterminate. Per questo, indipendentemente dalla dimensione in cui si opera, per Loudon, l'impostazione progettuale deve essere rivolta al superamento di qualsiasi schema predefinito, visto come costrittivo.

 

Superata la rivoluzione stilistica del paesaggismo settecentesco si assiste, nell'Ottocento, ad una oscillazione costante tra pittoricismo, neoclassicismo ed eclettismo.

- I 71b - Claude Lorraine, Paesaggio Pastorale, 1638 -

Se Claude Lorraine influenza con i suoi dipinti da un lato la rivoluzione paesaggistica settecentesca, dall'altro introduce la vocazione neoclassica che, rafforzata dai ritrovamenti archeologici settecenteschi, trova il suo reale compimento nell'Ottocento.

 

- I 72 - G.B.Piranesi. Urne, cippi e vasi cinerari di marmo nella Villa Corsini fuori porta S.Pancrazio, 1761 -

Da non dimenticare è il contributo di Giovannni Battista Piranesi che nel 1761 produce questa incisione minuziosa ed espressionistica, come un allestimento espositivo di tutti i manufatti che hanno da secoli interessato la storia del giardino, tramite presenze di rado romanticamente inquietanti, più spesso volgarmente inquinanti paesaggi vegetali di storica fattura. Parla infatti di manufatti fabbricati per decorare antiquariamente un giardino settecentesco romano. Urne, cippi, vasi cinerari sono tutti pregni di valori simbolici, in tutti i tempi ed in tutte le società, perciò universali e largamente impiegabili in giardino, ed in quello romantico in particolare, per la loro autonomia formale e tipologica, e per l'attitudine a stimolare sentimenti.

Non vi è infatti manuale del tempo della moda del giardino, paesaggistico o pittoresco, comunque romantico tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, ove le tavole dedicate agli utensili per decorare ed abbellire un giardino non figurino ricchissime di urne, cippi e vasi cinerari.

La forza comunicativa di questa incisione del Piranesi, che di parecchi decenni precorse quelle frenetiche attività editoriali, sta nel documentare, in una energetica fusione figurativa, le tipologie dei manufatti e la loro necessaria ambientazione paesaggistica. Gli oggetti sono collocati in una posizione prospettica esagerata ed incombente che, implicitamente, si propone come schema rappresentativo efficace per qualsiasi progetto paesaggistico.

Piranesi li fa emergere da una architettonica zoccolatura di roccaille che esprime matericamente il rapporto natura/cultura. All'inizio e alla fine dei manufatti, ma anche a terra negli interstizi, alligna la vegetazione immancabile nei ruderi, e perciò indispensabile a qualunque immagine che, nell'ordine o nel rovinoso disordine, voglia resuscitare l'antico. La scena così completa si offre come modello per infinite repliche anche meno colte e raffinate.

 

- I 73 - J.G.Grohmann, Tutti i sedili per tutti i giardini, tratta da "Ideenmagazin fur Liebhaber von Garten,   englischen Anlangen und fur Besitzer von landgurten", Lipsia 1796/1806 -

Parlando di simboli ma scendendo molti gradini di categoria estetica, vediamo come la coscienza che i modelli per grandi giardini e costosi manufatti non erano riferibili ai piccoli giardini che accoglievano le infinite villette periferiche di tutte le future città industriali.

Inglesi ed americani pubblicavano, con tipico spirito pragmatico, trattati e guide per organizzare in un piccolo spazio un gradevole giardino pittoresco in cui il proprietario era anche giardiniere.

Peccato però che il mercato cui si rivolgeva Grohmann fosse proprio quello delle nuove quantità! Più che al giardino reale l'acquirente delle tavole di Grohmann era infatti interessato all'idea del giardino, facilmente costruibile mediante l'assemblaggio di pochi e semplici elementi capaci di grande comunicazione simbolica.

Qualunque fossero gli elementi estratti da queste 'scatole di montaggio' ed in qualunque modo fossero poi assemblati sempre ne sarebbe risultato un giardino romantico, e qualunque artigiano locale sarà sempre in grado di costruire il manufatto, il cui significato simbolico è prioritario rispetto a qualunque perizia esecutiva.

 

- I 74 - Gabriel Thouin, Tutte le architetture da giardino, Parigi 1820 -

Thouin classifica i giardini della geografia culturale reale o possibile, e li esemplifica in planimetrie e rassegne iconiche. Nel suo repertorio s'incontrano tipi e modelli produttivi diversi, per utilità pubbliche o private differenti, in una alternanza di stili (soprattutto inglese e cinese). Quasi fossero pronti all'uso, come sembra suggerire questa tavola di edifici per l'ornamento dei giardini.

Tavolozza quindi di possibilità nella quale è lecito culturalmente scegliere.

Nel secolo precedente, quando il giardino era ancora paesaggistico, gli edifici meno numerosi erano prevalentemente classici con qualche incursione nell'esotismo. Le scene erano volutamente pittoriche, non pittoresche: il giardino si articolava in una successione di quadri.

Adesso anche nel manufatto architettonico per il giardino, dai modelli per la costruzione alle false rovine, alle cineserie, dal neogotico al neoclassico, dagli edifici di utilità a quelli semplicemente decorativi, dalle fontane alle barche che dovevano graziosamente percorrere i diversi laghetti, tutto è gridato enfaticamente.

L'idea fondamentale di questo modo di pensare è quella di una possibile classificazione totale di quanto era considerato corretto usare nel giardino. Nell'ambito di questa totalità chiunque può scegliere secondo il suo personale gusto.

 

- I 75 - Jean-Charles Krafft, frontespizio del primo volume di "Plans, et des edifices, monumentes, fabrique, etc. qui concourrent a leur embellissement, dans tous les genres d'architecture, tels que chinois, egiptien, anglois, arabe, moresque, etc… Dedies aux architectes et aux amateurs", Parigi 1808 -

Opera destinata ad un vasto pubblico (architetti ed amatori), edita in versione trilingue (f, i, t), il libro di Krafft era una esaustiva raccolta di tipi e modelli, una sorta di enciclopedia completa, in circa duecento tavole con relative descrizioni, di quanto si era fatto nel giardino europeo in più di un secolo. Pur leggibile come documentazione scientifica, aveva però, come fine pratico primario quello di offrire un amplissimo terreno di collazione al gusto di chi cercava modelli per formare o arricchire di manufatti decorativi il proprio giardino di cui l'esotismo di un eclettismo senza fine era una componente talmente significativa che Krafft la usò per intitolare il proprio lavoro, indubbio richiamo per le generalizzate curiosità del lettore.

Così simbolicamente, ma anche in forma programmatica, il frontespizio del primo volume manifesta le innumerevoli possibilità di abbellire un giardino: con un edificio neogotico, con uno moresco o cinese, qui copresenti come sarebbe stato lecito e opportuno per ogni giardino.

 

La convivenza di più ambienti in uno stesso giardino, la presenza di diverse 'stanze', segna la fine del concetto di unitarietà dello stile e sancisce il principio della progettazione eclettica, in cui le parti del giardino tendono a frantumarsi in una serie di elementi di gusto esotico che vanno dalle pagode agli chalet svizzeri, altri legati al revival storico come le tombe gotiche, le colonne spezzate, grandi vasi e templi, altri di tono più domestico come i grandi vasi posti in prossimità della casa o l'uso di serre.

- I 76 - J.C.Loudon, Piccolo giardino di periferia, tratto da "The suburban Gardener and villa Companion", Londra 1838 -

Loudon si occupò anche dei piccoli giardini. La scena mostra, ai piedi della casa il piccolo giardino, oltre il quale una improbabile boscaglia nasconde gli edifici limitrofi.

Il giardino è ornato da manufatti, anch'essi ridotti come lo spazio pretende, e da alcuni alberi in vaso. Ai bordi del parterre a prato l'intricato groviglio perimetrale della vegetazione formata da piccoli alberi, da arbusti e cespugli fioriferi, e da arcate tutorie per la domesticazione dei fiori rampicanti.

E' il microcosmo della femminilità familiare, il luogo riservato ove si manifesta l'affetto dei bambini non le feste private.

La dimensione fisica di questo giardino risulta obbligata delle disponibilità economiche e sociologiche del proprietario: è evidente come per tipologia e morfologia si è ormai tornati all'antico hortus conclusus ancor più angusto e privato dell'originario.

E di quella specifica tradizione, questa soluzione riprende ed esalta il rapporto tra l'uomo ed il singolo vegetale, soprattutto il fiore, rendendo ogni giardino che ad essa si rifà un flower garden.

 

- I 77 - Pierre-Joseph Redoutè, La rosa dipinta, Tratti da "Les roses", 1817-24, Parigi -

Quattro degli straordinari ritratti delle 170 rose disegnati, acquerellati, incisi e stampati con la tecnica a velatura tra il 1817 ed il 1824, dal belga Pierre-Joseph Redoutè: il Raffaello dei fiori.

Il fiore fu per secoli assurdamente escluso dal giardino europeo, quando questo tendeva, nell'età del giardino formale francese o nel landscape gardening, ad assumere dimensioni scenografiche per la formazione di paesaggi antropici, nei quali, forse il continuo movimento dei cromatismi e delle forme avrebbe potuto inquinare la rigidità o la dolce sinuosità di configurazioni concepite per essere viste come immutabili.

Nell'Ottocento diventa invece un ingrediente non protagonista ma indispensabile della nuova estetica pittoresca, nella sua connotazione, anche selvaggia, di presenza intricata, variabile nel tempo, nel globale sistema della vita vegetale. Ma sotteso da questo principio teorico, il fiore entra in qualunque giardino, in maniera così arrogante e centripeta da rendere necessarie, all'inizio, le aiuole, progressivamente sempre più complicate tanto da rendere plausibile il sospetto di un ritorno al giardino formale, sia pure sotto nuove spoglie.

- I 78 - H.Repton, Il roseto coltivato, Inghilterra, 1816 -

In questo acquerello Repton immortala un flower garden, il roseto di Ashridge Park nello Hertfordshire.

Anche lui, il landscape gardener che i fiori non utilizzava, voleva comunque dimostrare di non essere secondo a nessuno nella capacità di riportare il fiore in giardino. Ma a parte le questioni personali, leggiamo un sistema circolare organizzato architettonicamente come sistema di arcate tutorie sulle quali sono coltivate le rose, visibile da un padiglione che a sua volta regge rose rampicanti, ha al centro una fontana, attorno a cui come petali di un fiore sono distribuite le aiuole che altre rose accolgono.

Tutto questo è nuovo, tanto decorativo e ben diverso dall'immagine dei lontani roseti europei a spalliera, come nel hortus conclusus, o lasciati in forma di arbusti alla loro crescita naturale, quando la rosa antica era ovunque diffusa.

- I 79 - Hermann Furst von Puckler-Muskau, Decorazione e treillages, 1834, Germania -

Questi tre disegni rappresentano i suggerimenti proposti nel 1834 dal principe Hermann Furst von Puckler-Muskau nel suo trattato sull'arte dei giardini, per costruire, con semplice filo di ferro, treillages eleganti e bizzarri, per la domesticazione di piante rampicanti, di sicuro effetto decorativo.

E' l'assurda raffinatezza di un'eleganza che non sa ancora di essere Kitsch.

Notiamo in quest'immagine come l'arco che nella precedente aspirava ancora a connotazioni architettoniche, infatti utilizzato come elemento compositivo di un recinto, assume in questo catalogo connotazione esclusivamente decorativa.

 

Non meno forte è l'interesse per tutto ciò che è esotico ed in particolar modo per piante e fiori che ormai affluiscono numerosissimi da tutto il mondo. Le piante esotiche attraggono per le loro forme e per i loro colori, che permettono di realizzare effetti di contrasto molto suggestivi e seducono gli amanti dei giardini.

- I 80 - Versione di una Cassa di Ward -

Al dottor Nathaniel Bagshaw Ward (1791-1868), botanico ed inventore dilettante, si deve il contenitore per vegetali atto al trasporto a lunga distanza di alcune specie, battezzato cassa di Ward. Quest'immagine del 1829 ne riproduce una versione. All'interno della cassa vetrata e sigillata, che conteneva terreno di alimentazione e aria sufficiente alla vita vegetale, le piccole piante abbisognavano soltanto di sole per i loro processi clorofilliani.

La passione per il trasporto dei vegetali era tale che nel 1833 "The Gardener's Magazine" si congratulava con il capitano di un mercantile per essere riuscito a portare da Canton a Londra otto azalee cinesi vive su ventinove imbarcate.

Nell'Inghilterra vittoriana eclettica e curiosa questo strumento scientifico fu considerato subito anche di utilità per integrare la geografia dell'insolito giardino, cerniera pratica e concettuale tra le antiche pratiche della serra ed il nuovo concetto di decore e di ornamento della casa. In genere piccole casette erano appoggiate sui tavolini, ma spesso erano complicati mobili a reggere microarchitetture vetrate che imitavano i templi neogotici.

Nell'età della Great Exibition londinese del 1851 era obbligatorio che in ogni salotto della capitale inglese - ed in breve in tutto il regno - fosse protagonista una cassa di Ward foggiata sul modello del Crystal Palace, il gigantesco straordinario padiglione serra che della grande esposizione universale era contenitore e simbolo.

 

L'abolizione della tassa sul vetro ed il progredire di tecniche costruttive, unitamente alle crescenti ambizioni dei giardinieri e dei collezionisti, contribuiscono al diffondersi delle serre sia nei giardini pubblici che in quelli privati, dove diventano vere e proprie stanze contigue alla casa con funzioni di giardino d'inverno.

Charles Fowler, progettista del Covent Garden, è fra i primi costruttori di serre, ma il nome più famoso è quello di Sir Joseph Paxton (1801-65), figura dinamica, piena di energia e di iniziative, giardiniere, ingegnere, artista, giornalista e scrittore, ma anche manager in quanto direttore delle Ferrovie dei Midlands e politico in quanto membro del Parlamento per la contea di Coventry.

Paxton inizia come giardiniere a Chiswick per la Horticultural Garden Society nel 1823, e da qui passa a Chatsworth, dove apporta molti cambiamenti, introducendo la spettacolare fontana dell'Imperatore e The great Stove, la grande serra riscaldata costruita fra il 1836 ed il 1840, di dimensioni tali che la regina Vittoria ed il principe Alberto, nel corso della loro visita, la percorrono in carrozza.

Ma la sua opera più nota è il Crystal Palace eretto in Hyde Park in occasione della Esposizione Universale del 1851.

- I 81 - Joseph Paxton, Crystal Palace, Londra 1851 -

La scelta di organizzare la Great Exibition del 1851 in Hyde Park, un famoso parco ed uno dei più grandi spazi urbani non edificati di Londra, fece esplodere d'indignazione l'Inghilterra vittoriana perché ciò significava abbattere grandi alberi per costruire gli edifici espositivi. Il problema fu risolto dal giardiniere ed ingegnere Joseph Paxton (1801-1861) che fra tutti propose una 'non architettura', una gigantesca serra atta a conservare gli alberi ed insieme ad esporre i manufatti.

Lungo seicento metri, il Crystal Palace fu il monumento elevato dalla sensibilità vittoriana verso la natura. La sua ciclopica vetrata permise non solo di salvare i grandi alberi secolari, ma anche di nutrirli e accudirli come in una serra. Paxton si era cimentato nella costruzione di grandi serre, mai però così vaste come il Crystal Palace, sperimentando sempre nuove ed ingegnose tecnologie, basate sull'uso del ferro e del vetro. Per il Crystal Palace studiò i particolari costruttivi con tanta cura che tutto l'edificio potè essere costruito in fabbrica e montato nel parco, primo esempio di prefabbricazione edilizia.

In questa immagine del tempo risultano chiaramente leggibili la tecnica costruttiva, elementare ed essenziale, e la continuità delle pareti e della grande copertura a volta in vetro. I grandi alberi in primo piano provano l'efficacia botanica di questa operazione costruttiva, orgoglio di un'intera nazione per l'ardita tecnologia produttiva impiegata che ne ribadiva il ruolo di primo paese industrializzato del mondo: un edificio simile sarebbe stato forse impensabile con altri materiali ed in altre nazioni. Ma motivo di vanto fu anche quel rispetto, allora tutto e solamente inglese, verso la natura accudita nei parchi, che proprio l'ingegnosità tecnologica aveva promosso.

L'episodio del Crystal Palace liberò la serra da ogni limite tecnico e dimensionale e ne statuì i criteri costruttivi: la scarna struttura metallica ricoperta in vetro caratterizzò infatti tutte le successive serre europee. Gli spazi potevano essere così ampi a condizione di disporre dell'energia sufficiente per il loro riscaldamento invernale, da consentire ai grandi alberi esotici di crescere come nei loro ambienti naturali, senza impedimenti per il loro sviluppo anche paesaggistico ed ambientale.

 

E' vero quindi che il Crystal Palace fu il simbolo della potenza industriale dell'Inghilterra ottocentesca, grazie all'uso disinvolto di nuove tecniche costruttive applicate per la soluzione di un  problema di tale portata, ma fu anche secondo noi un modo per celebrare la nuova classe borghese che per autocelebrarsi aveva bisogno di un palcoscenico su cui mostrarsi. E quale migliore scena di un parco pubblico, e per di più contenuto dentro un edificio?

- I 82 - Passeggiata principale di St.-James's Park, 1867 -

I giardini ed i parchi pubblici sono nell'Europa ottocentesca uno dei luoghi deputati a celebrare il potere della borghesia. Non tutti i borghesi hanno un proprio giardino e men che meno un parco. Da qui l'idea di un giardino pubblico per la borghesia al potere, così come dal Settecento si era cominciato a fare per l'aristocrazia e la grande borghesia nelle città più evolute del continente. Ora una città che non ha un giardino pubblico non ha il decoro adeguato alle aspirazioni del secolo.

A cosa serve un giardino pubblico di questo tipo? L'abbondante iconografia del tempo lo spiega: al passeggio, come se fosse il proprio giardino, di un capo famiglia con moglie e figli nei giorni festivi e nell'incontro conviviale con altri gruppi familiari; oppure alla sosta di un bambino borghese con la sua fantesca; o per fungere da scena per pratiche seduttive, come vediamo in questa immagine del 1867.

- I 83 - Xilografia di St.James's Park, 1867 -

Ma vi era anche chi vive il parco o il giardino lo usava come era sempre avvenuto, come un percorso scandito da contemplazione ed alternato da pause di meditazione.

 

Presto tuttavia il parco dovrà essere aperto a tutti i cittadini, non solo ai membri della classe dirigente.

Hyde Park è pubblico fin dal 1630; i Kensington Gardens sono aperti al pubblico quando i reali sono assenti; ed un altro dei contributi che la Corona diede al verde pubblico londinese fu la tenuta di caccia di Marylebone, trasformata nel 1811 dall'opera di John Nash, che ebbe l'accortezza di conservare una vasta zona centrale a parco circondata da ampi viali ed unità residenziali. .

- I 84 - Pianta schematica di Londra che illustra la forma del Regent's park ed il collegamento viario tra questo ed alcuni parchi della città, 1812 -

L'impianto è pressochè circolare e presenta la vasta area centrale libera intorno alla quale dovevano essere edificate residenze prestigiose (The Great Circus) inserite in un sistema di parti con alberi isolati, cespugli ed aree a vegetazione più fitta impreziosito da un grande arabesco d'acqua.

Lungo il perimetro sono previste altre abitazioni, Terrace e Crescent, nel lato sud il Regent's Circus, a conclusione dell'unico asse ortogonale presente nel parco.

Il parco è dunque una grande operazione immobiliare che la casa reale vuole attuare. Operazione condotta a termine soltanto in parte: nel corso della realizzazione infatti la corona circolare di edifici al centro della composizione, il Great Circus, fu soppressa ed al suo posto fu inserito un orto botanico. L'area edificata rimase così ai bordi e lo stesso punto di raccordo con il tessuto urbano esistente fu trasformato in un elemento aperto ad "U", il Regent's Park Crescent , che attraverso Regent's Street si raccorda ad uno dei più antichi parchi londinesi, St. James Park.

 

- I 85 - Bath, verde collettivo -

Un altro esempio di operazione immobiliare che diventa successivamente emblematico per il disegno urbano nella coniugazione delle tipologie residenziali urbane, terrace, crescent, circus, e square, con il verde lo troviamo a Bath sull'Avon che dall'inizio del Settecento diventa mèta terapeutica per cure termali.

La complicità tra finanzieri, medici ed architetti fa nascere una nuova pratica turistica, che ha come meta pseudocittà costruite all'uopo ed abitate soltanto dai facoltosi malati e dai loro servi.

D'altro canto nasce anche un nuovo modo di vivere la città: da un lato le tipologie residenziali servono a declinare nuovi spazi urbani con l'eleganza settecentesca e successivamente della borghesia ottocentesca, dall'altro la sostituzione dei giardino delle ville extra-urbane, ricorrendo al landscape gardening, con l'introduzione di open space organizzati a verde dentro la città.

Nasce così il verde urbano nella forma specifica capace di formare nuovi paesaggi urbani nei quali finalmente il mondo vegetale è coprotagonista.

Qui le immagini riproducono il Royal Crescent di John Wood il Giovane (1728.1781), ed il Circus di John Wood il Vecchio (1704-1754).

Il giardino circolare del Circus, come è ben visibile dalla illustrazione, è cinto interamente da una ringhiera. Al suo interni possono accedere soltanto quanti ne posseggono le chiavi, cioè i proprietari o gli affittuari delle case che formano il Circus.

Questo verde quindi è parte integrante del paesaggio urbano, ma non è verde pubblico: una formidabile invenzione del paesaggismo inglese.

 

- I 86 - Vauxhall Gardens (1661-1859), veduta settecentesca -

   Un altro modello che porta al cambiamento del modo di vivere e concepire il verde all'interno della città e rappresentato dalla nascita dei Pleasure Gardens, giardini di divertimento a carattere commerciale che in principio sono legati all'uso delle acque termali e minerali e che sono concepiti come luoghi di relax e di divertimento. Si fa musica, si balla, si va a teatro, si passeggia fra i giardini.

Questi che vediamo nell'immagine sono i Vauxhall Gardens, giardini simbolo della spensieratezza del tempo libero, hanno una pianta rettangolare solcata da viali alberati dove ci sono colonnati con esedre semicircolari che possono diventare separè, una Rotonda per gli spettacoli e la musica ed un teatro all'aperto, tutto immerso in un ambiente ruraleggiante con alberi da frutto che si popola di architetture effimere in legno e stucco.

Vediamo quindi come la rivoluzione nel campo della progettazione del verde che avviene nel corso dell'Ottocento è legata alla nascita del verde pubblico.

Il verde pubblico urbano, il verde di città, nasce quando si passa dalle manifestazioni individuali di ricchezza alla definizione di un contesto pianificato con finalità di tipo collettivo estetico-sociale.

Il progetto del verde diventa parte integrante, talvolta protagonista dei grandi piani di sistemazione urbanistica che segnano il volto nuovo delle città: cadono le mura medioevali e la città vecchia si raccorda alla nuova con viali alberati e parchi, mentre all'interno si ricercano spazi definiti e progettati come piazze e passeggiate.

Nel corso del secolo XIX si consolidano gli elementi sociali e formali che definiscono ancora oggi il verde urbano, primo fra tutti il fattore-salubrità, che si esplicita nel "polmone verde" ovvero in quell'elemento in grado di far respirare la città e progettato per contenere spazi per l'esercizio fisico ed il riposo, che contribuiscano alla sanità del corpo e della mente.

A questo si aggiunge la componente estetica, che si esplicita nella ricerca di quella "città bella" cara alla classe borghese, che lega il decoro urbano al verde, ricrea natura ed artificio in città e costruisce quartiere residenziali di prestigio intorno ai nuovi parchi, definendo così nuovi parametri di classificazione fondiaria dei terreni, quindi di valore e di rendita degli stessi.

Ma non bisogna trascurare neppure l'interesse scientifico, che ha la sua massima divulgazione e diffusione in questo periodo, per il quale orti botanici, giardini specializzati ed arboreti si moltiplicano in tutta Europa; e gli stessi giardini privati, come abbiamo visto, secondo un modello tipicamente inglese, contribuiscono ad accentuare l'attenzione verso la cura e la ricerca floreale di piante rare ed esotiche, ed il collezionismo trova la sua espressione nel moltiplicarsi di esposizioni floreali con spazi appositamente progettati a questo scopo.

Il verde urbano e la politica dell'immagine della città costituiscono una tendenza unitaria in tutta Europa: a Londra come a Parigi, a Vienna come a Firenze; ma sono Londra e Parigi, le due grandi capitali, che impongono i modelli di progettazione maggiormente imitati.

 

A Londra dove le conurbazioni conseguenti alla prima rivoluzione industriale subiscono la caoticità, l'inquinamento e la carenza di infrastrutture, la politica viene svincolata dalla proprietà della terra aprendo le porte alla borghesia commerciale ed industriale, abbiamo visto l'opera di John Nash, passeggiate di St. James Park e Regent's Park.

 

A Parigi l'esperienza è certamente più complessa e grandiosa, esperienza in cui il ridisegno urbano dei tracciati e delle architetture non può essere disgiunto dal sistema del verde e dei grandi parchi. Siamo di fronte ad un programma di risistemazione generale ed al tempo stesso di ampliamento in cui i tecnici ed igienisti affrontano il problema della modernizzazione della città industriale.

Sotto la guida del barone Georges Eugene Haussmann (1809.1891), prefetto della Senna, si mettono a punto operazioni urbanistiche che vanno dal risanamento igienico e alla costruzione di oltre 400kilometri di fognature, all'organizzazione di trasporti pubblici, alla trasformazione del vecchio centro medievale con l'allargamento delle vie e con lo sventramento  di gran parte dell'edificato, alla promulgazione di un nuovo regolamento edilizio, alla costruzione di edifici pubblici, di viali alberati, piazze e parchi.

 

- I 87 - Pianta di Parigi tratta da una stampa del XIX sec -

All'interno della città murata vengono costruite circa 40 piazze verdi e viene aperto al pubblico Parc Monceau, progettato da Carmontelle nel 1778. Fuori dalle mura la due grandi foreste reali ad ovest Bois de Boulogne (n.1) - in diretta relazione con gli Champs Elysèes e diventa il cuore della nuova espansione elegante di Parigi -, ed a est Bois de Vincennes (n.2) - il polmone verde per i quartieri popolari che si vanno costruendo-, vengono adattate ad uso pubblico, mentre a sud e a nord vengono localizzati due parchi più piccoli, Montsouris (n.5) a sud, e Buttes-Chaumont (n.3) a nord.

In tutti questi lavori Haussmann si avvale della collaborazione di Jean Charles Adolphe Alphand (1817-1891) che non solo coordina i lavori di progettazione dei nuovi parchi, degli squares, dei boulevards e di tutto l'arredo urbano, ma crea anche una scuola di architetti paesaggisti che dominerà l'Europa a cavallo dei secoli XIX e XX, dalla quale escono personalità quali Pierre Barillet Deschamps, Edouard Andrè, Luis Varè e i fratelli Buhler.

 

Le suggestioni pittoriche del primo romanticismo inglese sono lontane dalla scuola di Alphand, anche se permane in molti dei suoi collaboratori la ricerca dei contrasti e degli effetti scenici, secondo i principi e le idee di Repton.

Per Alphand il giardino non deve essere e non può essere imitazione della natura, ma in quanto opera d'arte deve saper creare ambienti e paesaggi artificiali capaci di soddisfare le esigenze estetiche dei suoi fruitori.

Da buon ingegnere dell'Ecole des Ponts et Chsussées, Alphand ama i movimenti di terra, di meccanismi idraulici e le grandi opere in genere che usa con grande poesia ed abilità tecnica.

 

- I 88 - Il lago inferiore del Bois de Boulogne -

Il primo parco ad essere varato è il Bois de Boulogne, di 870 ettari, dove Alphand coadiuvato da Varè e Barillet Deschamps trasforma una foresta piatta, solcata da vialetti rettilinei, in un paesaggio ondulato, con due laghi ed un ruscello che dal lago più grande (18 ha con isole) scende verso la Senna in cui si getta con una cascata.

- I 89 - Isolette del lago inferiore del Bois de Boulogne -

 

Nel parco del Bois de Vincennes opera invece Barillet Deschamps, il più raffinato dei paesaggisti alphandiani, insieme con Edouard Andrè.

- I 90 - Bois de Vincennes -

- I 91 - Bois de Vincennes, angolo del lago dove è posto un tempietto posto sopra una grotta finta -

Ma il suo capolavoro è il parco delle Buttes-Chaumont, dove ogni monumentalità viene attenuata per lasciare il posto a composizioni più intime, giocate sul contrasto fra l'acqua, gli elementi naturali e le piccole architetture che appaiono tra le rocce, i ruderi ed i piccoli edifici inseriti in ambienti folti di vegetazione.

- I 92 - Parco delle Buttes-Chaumont -

Il parco viene realizzato in soli tre anni (1864-67) sul terreno di un'ex discarica, e sfrutta la presenza di uno spuntone di roccia che viene collocato al centro di un lago artificiale, dal quale emerge un isolotto alto 50 mt coronato da un tempietto circolare che funziona da belvedere.

 

Il modello francese viene ripreso a Vienna (1859-72) dove la città si amplia abbattendo le antiche mura e creando ampi viali dove trovano posto edifici monumentali e giardini, ed a Firenze con il Piano per la Capitale d'Italia, affidato a Giuseppe Poggi (1811-1901)

- I 93 - Pianta di Vienna nel secolo XVIII -

La cinta muraria che contiene la città medievale (Inner Stadt/città interna) introduce alla fascia inedificata denominata Glacis (in francese Spalto), che - profonda da 400 a 1000 metri - assicurò la difesa della Inner Stadt attraverso l'uso agevole dell'artiglieria quando la crescita periferica cominciava a circondare la città.

L'espansione ed il consolidamento dei sobborghi (Vororte) avvenuto dal 1683 quando la città di Vienna sconfisse i Turchi  e fu scelta degli Asburgo come residenza. Ma le esigenze di difesa suggeriscono allora, pur conservando il sistema di fortificazioni cinquecentesco, la costruzione di una nuova cinta muraria la LinienWall (1704) che include oltre i sobborghi anche le residenze estive della nobiltà e vasti complessi ecclesiastici.

Già nel corso della seconda metà Settecento, in seguito alle esigenze ricreative della popolazione sempre più numerosa, per lo sviluppo industriale e commerciale verificatosi, prende forma il concetto di parco pubblico che comincia a diffondersi secondo lo stile inglese in nuovi impianti o nella trasformazione di alcuni grandi giardini imperiali, aperti al pubblico.

- I 94 - Sistemazione del Ring -

- I 95 - Sistemazione del Glacis a parco per il pubblico passeggio, 1833-

- I 96 - Ringstrasse -

Ma è con la realizzazione della Ringstrasse nella seconda metà del XIX secolo che muta il volto della città: nel concatenarsi di una serie di episodi rappresentativi di valori liberali, il grande anello centrale diventa espressione del mondo capitalistico-borghese: lo spazio aperto della strada anulare, organizzato in un sistema di parchi e piazze a verde, non è più subordinato nella sua concezione a principi visuali legati alle architetture, ma diventa l'elemento ordinatore, la struttura portante che regola l'intera composizione.

 

La strada come sistema urbanistico di comunicazione a livello complessivo della struttura urbana trova soluzioni diverse: a Parigi si realizza un sistema di viali radiali di penetrazione nella città, orientati verso punti significativi (alla maniera barocca); a Vienna il percorso anulare della Ringstrasse induce un andamento circolare, secondo uno schema avvolgente, a tutto il quartiere del Ring.

Il 'vuoto' stradale diventa l'elemento ordinatore, sistema autonomo al quale si attestano i vari episodi che in esso trovano compiuta definizione.

Dice Gianni Fabbri nel 1986 in 'Vienna città capitale del XIX secolo': "… i monumenti non sono più i nodi urbani attorno ai quali si organizza la viabilità e la residenza: più precisamente nel Ring si realizza un modo di configurazione dell'assetto urbano in cui sono rovesciati i rapporti gerarchici tra manufatto architettonico e spazio non edificato ed è quest'ultimo- il viale alberato, le piazze - che si pone come struttura portante, nuovo 'monumento' della città. Al disegno complessivo di questo' vuoto urbano' sono subordinate le soluzioni architettoniche e la loro localizzazione, sia per quanto riguarda la residenza - insieme di manufatti regolari che delimitano il 'vuoto' - sia per quanto riguarda le attrezzature pubbliche che assumono un ruolo di arredo urbano e di commento formale dei diversi episodi in cui quel vuoto si articola".

 

- I 97 - Il progetto definitivo per Firenze capitale, 1865 -

Con il trasferimento della capitale da Torino a Firenze per la prima volta si deve affrontare il tema dello sviluppo urbanistico di una città italiana capitale di un nuovo stato che ambisce ad inserirsi in una parità politica, culturale ed economica con le nazioni europee. L'europeizzazione dell'Italia non può certo prendere le mosse da  una operazione urbanistica, ma il piano per la capitale, naturale punto di riferimento per i rapporti internazionali, può servire per una verifica della presenza dell'Italia come nuova entità politica nel concerto europeo.

Ad interpretare le esigenze di un programma nuovo, che improvvisamente richiede alla città un salto dimensionale e funzionale, viene chiamato, l'architetto Giuseppe Poggi, che pur non avendo alcuna esperienza urbanistica conosce direttamente le città inglesi e francesi.

Per la Firenze ancora dall'impianto medievale e chiusa dentro le la cinta delle antiche mura, si prevede la sostituzione delle mura medievali con larghi ed ariosi viali alberati che hanno nei punti di cerniera grandi spiazzi verdi che introducono visuali esterne alla città, come la chiesa di San Miniato e la collina di Fiesole.

- I 98 - Veduta di Piazzale Michelangelo e le rampe d'accesso -

- I 99 - Viale dei colli, dalla torre di S. Nicolò fino al piazzale Michelangelo -

E' una concezione paesaggistica del piano che vede in riva destra d'Arno un'organizzazione volta ad accogliere le radiali esterne, ed in riva sinistra, sulla collina, un viale sinuoso che svincolandosi e lasciando al suo interno il perimetro delle mura, crea una passeggiata da carrozze che si snoda nel verde tra giardini privati ed aree pubbliche ed improvvisamente si apre alla vista del panorama su Firenze, in un solo punto, nella terrazza del Belvedere di piazzale Michelangelo o si stempera fra le fronde dei grandi alberi del Parco della Cascine, antica Fattoria medicea, aperta al pubblico all'inizio del secolo XIX.

 

Appare chiara l'influenza dei piani europei che Poggi adopera come modelli per la formulazione del suo piano: Parigi e Vienna.

Di Parigi (1851) si assume l'esigenza di una profonda modifica dei tessuti interni alla ricerca di articolazioni distributive e monumentali più spaziate, di direttrici di attraversamento, insieme ai criteri di sistemazione panoramica delle aree periferiche, degli ingressi e dei parchi.

Di Vienna si può trovare la ininterrotta continuità del sistema alberato dei viali e larghi che sono propri del Ring viennese, a cornice del nucleo interno e di trapasso alle aree più periferiche.

- I 100 - Viale dei colli a Firenze: tratto di strada che da piazzale Michelangelo scende verso porta romana -