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03. l'oggetto analogico
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gruppo titolo l'opinione del prof. voto dei
colleghi
voto
del prof.
MEDIA

Di Benedetto
Livera
Marrone
Pulino
Sciuto
Spoto

SHINING

Gastronomicamente destrutturato come un cannolo scomposto di Masterchef, l'oggetto separa per colore le linee di Mondrian e semplicemente le 'ridipinge' sulle sue facce di plexiglass (malamente peraltro visto che le fascette di acetato colorato si incurvano e pendono assumendo direzioni che il Maestro non avrebbe sopportato).

Saltato così a piè pari ogni tentativo di trasposizione tridimensionale, visto che "ciò che in primis trasmettono i colori è la luce", gli autori tentano lo spettacolare, inserendo all'interno dello scatolino 4 luci capaci di generare (fuori da sé però) imprevedibili esplosioni di linee.
Sfortunatamente l'assunto funziona soltanto inserendo l'oggetto tra opportuni piani di proiezione. Così, complice l'effimera vita delle batterie, l'eroico analogo di Mondrian resta metafora cimiteriale.
6,8 6 6,4

Marino
Palazzo
Platania
Privitera
Rio
Valvo

LA DIREZIONE DEL VUOTO

Seppelliti da intricati grovigli di biopolimeri plastici -letterale trasposizione 3d delle gestuali colature di Pollock- i 'pali blu', in verità neri, emergono, magari con un po' di fatica, disegnando comunque con compressione variabile a seconda del punto di vista, l'esatto ritmo dell'originale.

Giusta l'idea di traslare in piani incrociati le linee nere dei pali per dimostrare l'ambiguità del nero "tra presenza e assenza", tra primo piano e sfondo. Peccato che questa ambiguità non coinvolga i 'pali' che, come teste dei piani, si rivelano comunque "presenza".
Peccato anche (non si sa se per svogliatezza o eccessivo amor di verità) per il brutale disvelamento degli incroci sulle due facce interessate che trasforma un po' il sistema in 'casellario blu'.
8,8 9 8,9

Marano
Nicosia
Pagano
Pollino
Puccia
Salamone

IN / NATURALE

Imbrattato di silicone comunque incapace di contenere invisibili perdite liquide, torbido e ingiallito da untuosi semi di palma, l'oggetto interpreta la Natura nella sua più disgustosa e selvaggia crudeltà.

Ma quando si riesce dopo complessi shakeraggi a far apparire da quel torbore il volumetto trasparente di oggetti colorati inaspettatamente nitidi e puliti, il contrasto dell'opera di Savinio si svela in tutta la sua forza.
Anzi potenziato. Tanto da stravolgerne il significato.
Non è vero infatti che l'Arte Moderna, come pensava Savino, sta davanti in primo piano o persino sopra la Natura (come voleva Le Corbusier).
Essa invece è dentro, immersa nella melma che può occultarla quando vuole. La Natura è comunque più forte di noi.
7,6 8 7,8

Martinez
Menta
Perticone
Reina
Sano
Velles

OSSELFIR

Strepitosamente acuto nell'idea, l'oggetto traspone in realtà l'impossibile magrittiano: come l'uomo di spalle nella finzione figurativa, rifesso allo specchio resta di spalle, invisibile nel suo volto, la parola 'di spalle', nella realtà oggettuale, resta tale allo specchio, incomprensibile nel suo significato.
La piramide, come il libro, si riflette invece correttamente mostrando allo specchio il suo lato in ombra: è bastata insomma solo un'inversione tra 'parola' e 'oggetto', l'oggetto-uomo trasposto in parola, il libro-parola trasposto in oggetto.

Vero che a quel punto invece della piramide avrebbe forse funzionato meglio un oggetto (come l'uomo) proprio diverso nelle sue due facce.
E vero anche che l'impostazione spaziale dell'oggetto tagliato in due dal piano dello specchio rende impossibile la visione contemporanea dei due riflessi, ma la forza dell'idea vince comunque.
8,4 10 9,2

Lucenti
Salpietro
Stracuzzi
Venia
Villani
Zingale

IL CUBO DI RUBIN

Un po' sbilenco tra le sue aste nere replicate per giunta in croce per ragioni strutturali, l'oggetto dimostra che l'entusiasmo per una buona idea può talvolta offuscare lo sguardo degli autori tanto da fargli smarrire la ragione del loro lavoro.

Certo il Calice di Rubin è una colta ed opportuna citazione, ma la sua ambiguità -che è ambivalenza e non occultamento del segno- non basta da sola a riproporre -appunto- l'occultamento delle figurazioni di Haring.
Il Calice avrebbe voluto (correttamente nella trasposizione 3d) essere oggetto, ma ripetuto solo sulla sua ortogonale non ci riesce.
Avrebbe dovuto confondersi tra altri segni killer che ne rendessero difficile la 'scoperta', invece si stacca da quelli per colore e materia: peccato perché tutti gli elementi erano li, ma il risultato è troppo debole.
7,4 6 6,7

Panarello
Ruffino
Torre
Ucciardo

FINITO / INFINITO

Dall'aspetto di un porcospino con gli aculei attorcigliati, all'immagine planetaria di un Saturno dagli anelli quadrati, l'oggetto offre di sé molteplici visioni ma fatica un poco -sarà la granulosità un po' rozza della terra- a ricordare l'eleganza netta e dorata dell'albero klimtiano.

Concettualmente esatta, l'impostazione spaziale dell'albero come nucleo centrale che espande i suoi rami in tutte le direzioni, entra però in contraddizione con la pesantezza del piano (la terra) che invece divide il mondo in due. Ecco, forse quel piano avrebbe potuto essere più leggero sostegno che materico suolo e l'albero -come Klimt a ben vedere fa-, più chiaramente autonomo e distaccato dalla terra da cui nasce.
Il terriccio che tutto ricopre, invece omgeneizza il mondo, fa sparire il tronco, poi i rami e infine persino il cielo.
9,0 6 7,5