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03. l'oggetto analogico
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gruppo titolo l'opinione del prof. voto dei
colleghi
voto
del prof.
MEDIA

Biondi
Di Franco
Farruggio
Giannone

RIFLESSI A POIS

Del tutto ignaro della struttura dell'immagine, che da 'riflesso sull'acqua' parla anzitutto del capovolgimento -tra cielo e terra: l'esser sottosopra-, l'oggetto la riduce illuministicamente in catalogo di campioni di colore, rettangolini uguali ed uniformemente sparsi come si addice appunto ad un buon campionario colorimetrico.
Ignaro persino dell'azzurro sfondo del cielo, si concentra invece sul 'filtro distorcente': un ben studiato apparato interno di incerti specchi che si, distorcono un poco il campionario, ma soprattutto lo moltiplicano.
Ecco, più che un distorsore, l'oggetto è di fatto un moltiplicatore, accurato e ben fatto ma pur sempre cubetto a pois: un equivoco utile alla fine (avrebbe detto Sklovskij, l'energia dell'errore) perché della sua origine magari non coglie il tema, ma ne restituisce con imprevista fedeltà l'aspetto tremulo e vibrante.
9,2 7 8,1

Bua
Facchi
Forzese
Grimaldi

RUVIDE CURIOSITÀ

Pieno di buone intenzioni, quanto in palese mala fede nel tentativo di spacciare incuria e approssimazione per nobiltà da arte povera, l'oggetto fa un buco nell'acqua prima che nella tela.
Il tentativo di riproduzione letterale della scenetta della foto (luce / soggetto / proiezione dell'ombra) non sembra, ma è davvero troppo 'rudimentale': stracci sfilacciati impiastricciati di nastro adesivo, tremuli pezzi di fildiferro che tentano invano di sostenere una lucetta fioca e ingombrante, pezzetti di cartoncino malamente ritagliati (e dovrebbero anche 'sorprenderci' perché due mezzi cerchi ne proiettano uno?).
Niente fa il suo lavoro: lo 'squarcio' pare più incidente di consunzione che fenditura rivelatrice, l'ombra non riesce manco ad esser tonda e i cartoncini sono esattamente l'informe che proiettano.
La 'voglia di scoperta' è una nobile intenzione che purtroppo resta fuori.
5,0 4 4,5

Cerruto
Cipriano
Cucuzza
Donzelli
Fiducia

L'ANELLO DI ESCHER

Vittima della maldestria dei suoi autori che per costruire 'linee' non hanno saputo pensar di meglio che tensionare fili tra palle di colla (per non dire dell'idea di far sparire le linee dipingendone di nero le estremità), l'oggetto è la dimostrazione della capacità -quasi eroica- di 'resistenza' delle buone idee alla crudeltà del Mondo.
Certo le buone idee qui sarebbero di Melandri, ma bisogna dar atto agli autori di averne colto il nesso con Escher: le sfere sono il mondo digitale, discreto e sequenziale -la linea-, il nastro quello analogico, continuo e figurale -il circolo. Insomma spago e anello.
Ma gli spaghi s'ammosciano (se non si staccano) e la fede nuziale imbrigliata tra le corde più che potenziale generativo dell'analogia sembra macabra memoria del caro estinto.
Ecco: i simboli a volte non bastano.
8,4 5 6,7

Consoli
Gagliano
Gambino

LE CREPE DELL'INFINITO

Più crepe da sommovimento tellurico che tagli in sottile tensione, i varchi del candido oggetto dovrebbero condurci all'interno -nelle ambiziose intenzioni degli autori- in un 'nuovo concetto spaziale: l'infinito'.
Sfortunatamente, al di là dell'equivoco su quanto possa esser 'nuovo' un concetto che evidentemente ci pre/esiste, vuoi per gli specchi maldestri, vuoi perché proprio non c'è spazio per guardare, all'interno non si vede proprio niente.
Né la computergrafica di presentazione può offrirci alcun aiuto perché niente di quello può esserci nel mondo reale.
Crepato di nome e di fatto, questo Fontana 3d resta solo una bianca, accurata testimonianza della capacità degli oggetti di vendicarsi: se si pretende troppo da loro vi daranno solo il banale.
Perché l'infinito c'è, ma noi non possiamo costruirlo.
6,6 6 6,3

P.Barbagallo
T.Barbagallo
Bellia
Crementi
Fichera

OMBRE DI CARTONE

Ovvia in apparenza, l'idea di ricostruire un sistema di segni a/stratto materializzando l'intangibilità di luci e ombre in rozzo cartonpane è difatto un procedimento uguale e opposto a quello seguito da Strand.
Certo a dispetto di una buona concezione costruttiva e di un'accurata fattura c'è forse qualche problema di inversione cromatica tra rette e curve e bianchi e neri.
E certo manca la sorpresa, perché l'oggetto è per forza banalmente reale e non può, come l'e/strazione di Strand, marcare una sbalorditiva distanza dalla propria origine.
Però, proprio perché pezzo di sconclusionata realtà, l'oggetto ha la capacità di trasformarsi, di generare immagini sempre differenti: simili, opposte o semplicemente diverse, ma comunque parenti dell'immagine di cui parla.
10,0 9 9,5

Ascia
Cristaldi
Cusumano

KANDINSKY INCATENATO

Impiastricciato di colle giallastre, rozzo e approssimativo in tutti i tagli e le giunture che lo compongono, l'oggetto è già nella sua costruzione l'antitesi dell'esattezza sottile dei segni kandiskiani.
Equivocando poi la magia di quegli equilibri danzanti con la brutalità autolesionista di un malinteso 'concetto di forza', finisce per attuare con caparbia precisione tutto l'opposto di quel che Kandinsky tentava di dire.
Così la 'traiettoria curva' diventa un pozzo quadrangolare che si stringe sul fondo, gli archi leggeri che la intersecano -'forze vitali esterne'-, si trasmutano in rigidi, pesanti anelli -quadrangolari anch'essi- che lo incatenano mortalmente all'interno della scatoletta.
Dulcis -letteralmente- in fundo, la palla nera, suicida appunto in fondo al pozzo, resta orfana testimonianza della propria origine: non 'principio' ma tragicomica fine.
6,6 4 5,3