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03. l'oggetto analogico
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gruppo titolo / oggetto OPINIONE DEL PROF. voto del_prof. voto dei colleghi _MEDIA_

Attanasio
Aurora
Palazzo
Saluzzo


IL BATUFFOLO DI KLIMT
Prendendo le mosse dal singolare pregiudizio secondo cui la tela di Klimt coinciderebbe con la cassa in cui Danae verrà gettata in mare, l'oggetto si conforma in bara di plexiglass entro cui stipare gli elementi della scena: così i "drappi che avvolgono la figura" si trasformano in 4(?) acuminate sentinelle di cartoncino scuro che tengono a bada un batuffolo di cotone, morbido certo come il corpo di Danae, ma purtroppo non altrettanto sensuale, e di cui per giunta il filo rosso (che avrebbe dovuto "inondare il quadro" come i lunghi capelli) ne restituisce invero l'immagine di una salsiccia.
Insomma, al lodevole impegno corrispondono altrettanti errori, primo tra tutti l'aver badato prima alle scivolose connotazioni mitologiche e letterarie, che possono anche esserci in un oggetto, ma sono sempre dopo la sua struttura oggettiva.
7 5 6

Bellardita
Bongiorno
Caruso
Ceraulo


OGGETTI SOLITARI
Animato da ottime intenzioni, l'oggetto sfugge subdolamente alla capacità di controllo dei suoi autori negandone gli intenti dichiarati e, approfittando dei limiti tecnologici della colla a caldo, finisce per autodistruggersi cadendo letteralmente in pezzi.
Così, la giusta volontà di trasporre il contrasto tra bianco-nero e colore in 'temperatura' della materia ("il marmo freddo ed il legno caldo") si vanifica nell'inspiegabile contraddizione del colorare - e quindi far sparire - la materia legno. E ancora, la bellissima idea del rappresentare la foresta come intrico di piani neoplastici (che non ha purtroppo alcun corrispettivo nella ricostruzione miniaturizzata e letterale dei giocattoli colorati) annega nel diradarsi delle troppo poche, instabili lamelle di pietra e diventa, in luogo dell'affollata umida foresta, figurazione desolata di sterpaglie appassite.
8 10 9

Cannata
Castilletti
Cicciarella
Coppola
Russo


L'OSCURO OLTRE
LO SCURO
Dimostrazione di evidente allergia ad ogni forma di pensiero oltre che dichiarazione di indolenza e di un vero e proprio 'fastidio' del fare (quattro -4- righe di 'relazione' difficilmente traducibili in italiano), l'oggetto nel suo immobile mutismo sfugge persino alla stupidità. Certo non c'è nessuna 'strada', nessuna direzione e quindi nessun 'ostacolo' e nessuna 'interruzione'. Niente delle intenzioni di Magritte di cui svogliatamente si omette persino il soggetto. Eppure, involontariamente, in questa non figurazione ma reale materializzazione del niente si può davvero toccare l'angoscia del Maestro: dopo, oltre il buio della figurazione verso cui si dirige lenta e inquietante la sfera di Magritte, forse non c'è davvero niente.
Qui nemmeno prima.
4 5 5

Aleo
Bazzano
Castro
Giardina


IL CUBO DI MAGRITTE
Giusto e persino intelligente nell'idea di rappresentare l'ambiguità magrittiana nella continuità tra la 'realtà' di un oggetto e la sua immagine speculare, l'oggetto si incarta nella trasposizione tridimensionale che non riesce a risolvere: la struttura del cubo divisa in due parti identiche piuttosto che parlare dei due mondi (la 'realtà' e la sua 'rappresentazione') replica inutilmente se stessa in un ulteriore ridondante sdoppiamento speculare: due 'rappresentazioni', due 'realtà' (identiche).
E la 'realtà' la si vorrebbe persino orfana di significato ("il cubo di Rubik non ha un significato intrinseco"): mi spiace, ma gli oggetti significano anche quando noi non vorremmo. E la dichiarazione di questa non-volontà è soltanto affermazione di rinuncia o incapacità.
6 4 5

Anzelmo
Bonaccorsi
Caminito
Gambadoro


DOMINANTI DOMINATI
Efficace metafora circense della condizione urbana del lavoro nel XX secolo, l'oggetto svela apertamente la preferenza dei suoi autori nel proiettare sull'immagine i propri (ancorchè apprezzabili) pre/giudizi etico-politici, piuttosto che guardarla: gli omini di Ebbets (o di Hine?) non sono infatti acrobati con i crudeli leoni sotto pronti a mangiarli alla prima distrazione (i chiodini), la linea che li unisce è dritta e obliqua e non curva e soprattutto la texture urbana è uno sfondo che sta sotto, distante sia spazialmente che cromaticamente, e non certo un mucchietto di pali tra cui distendere l'amaca.
Insomma dell'immagine non si parla, ma a Luis Hine, che era sociologo prima che fotografo, la metafora del 'domino' con i suoi corollari di ribellione all'uomo-numero e i bei sentimenti dell'unione e della solidarietà, sarebbe piaciuta senz'altro.
7 7 7

Aprile
Cassisi
Di Dio Balsamo
Finocchiaro


IL CAOS ORDINATO DI KLEE
Attento e maniacale nella trasposizione letterale degli elementi quanto rozzo e costruttivamente sgangherato nell'assemblaggio di cubetti colorati variamente pelosi, l'oggetto non riesce a superare, nella trasposizione tridimensionale, l'ovvietà della corrispondenza tela/volume e quadrato/cubo e finisce di fatto per moltiplicare per sei il quadro di Klee ridipingendolo su ogni faccia del cubo.
Né serve a molto il parziale svuotamento degli angoli generato dall'arbitraria ridistribuzione degli elementi della 'cornice' sulle diverse facce: l'oggetto continua a parlare per piani, i colori sono letteralmente quelli del quadro e il 'caos ordinato' c'è, ma esattamente come nella tela di Klee.
Che però è molto più bella e non dice sei volte la stessa cosa.
6 6 6

Bianca
Consiglio
Gervaso
Lago


GIRAFFA GIREVOLE
Bello e divertente come un macinapepe, l'oggetto è troppo compiaciuto di sé per occuparsi di ciò che dovrebbe dire.
Di fatto l'unica idea giusta -e forse involontaria- dell'arretramento progressivo dei piani come metafora della profondità prospettica (che ne genera la struttura cruciforme) è negato dai 'soggetti' stessi che, dopo un meticoloso ragionamento sulle differenti proporzioni di chi sta più avanti e chi più indietro, si dispongono poco sagacemente sullo stesso piano.
Peggio, non pago di aver riprodotto quattro volte (una per ciascuna delle quattro facce intorno all'asse centrale) la scenetta di Dalì, come vero macinapepe, si fa rotante per dimostrare che, essendo indentico a se stesso su ciascuna delle quattro facce, dopo ogni rotazione di 90° continuerà ancora ad esserlo!
5 8 7

Alessi
Biondo
Bontà
Doria


UN DECIMETRO CUBO DI INFINITO
Riproduzione forse inconsapevole del "metro cubo di infinito" di Michelangelo Pistoletto (1966), l'oggetto aggiunge persino all'opera del Maestro (un'impenetrabile cassa), la possibilità di esser visto da fuori accendendo un minuscolo led interno.
Certo dell'immagine di Minkkinen non c'è in apparenza molto (solo il sole al centro), ma l'idea di materializzare il significato del simbolo costruito dalle due mani riflesse nell'acqua con un ulteriore sistema di riflessione non è affatto ovvia e produce davvero, rispetto al referente, lo scatto in avanti dell'invenzione.
Bellissimo l'oggetto, quanto brutta e fuori luogo la codina di filo con la pila (opportunamente occultata nelle immagini) ma -si sa- la tecnologia casalinga ha i suoi limiti…
10 10 10

Buonagrazia
Campisi
Caruso
Stampigi


DA QUI A LÌ
Natalizio come un presepe nella ricostruzione letterale degli elementi della scena, l'oggetto si riscatta parzialmente sottolineando con una certa efficacia le geometrie che strutturano la tela di Dalì.
Ma se nella parte inferiore l'idea della stratitificazione ci ha almeno risparmiato figurazioni femminili in forme di parallelepipedi sexy, un pensiero altrettanto coerente non è arrivato per quella superiore: l'asinello-melograno (uguale uguale a quello di Dalì), l'elefante sfogliato dallo sfondo, l'arco (giusto) che deve però finire come canna di fucile, la triangolazione inesistente tra i melograni e l'elefante (che sembra invece proprio l'elefante) sono come il cammino di un cieco che cerca la strada. Ma purtroppo non l'ha trovata.
7 7 7

Bruno
Cunsolo
Distefano
Viscuso


GELATINA DI BURRI
Viscido, informe e pericoloso come un'immonda zuppa da somministrare al tuo peggior nemico, l'oggetto trova nella sua volontaria repellenza la miglior qualità. Come un oggetto d'arte povera rifiuta ogni geometrica bellezza per rifugiarsi nella verità elementare del concetto: tre elementi (contenitore, contenuto e legante) sono stati individuati nella tela di Burri e tre elementi sono qui macinati insieme.
Il discorso è perfetto, ma in verità un po' superficiale: i 'frammenti di contenitore' di Burri non sono infatti presenze, ma assenze che lasciano vedere al di sotto porzioni della pur sempre integra tela. Ed il nastro nero, il 'legante', non permette mai ai diversi elementi di toccarsi tra loro, come invece, inevitabilmente, qui accade.
9 9 9

Asero
Chisari
Ciccolo
Faraci


MATERIA IN ESPANSIONE
Involontariamente approdato ad una gentilezza floreale del tutto distante dall'inquietante e corrosiva matericità della tela di Fontana, l'oggetto è stato tradito dalle inutili preoccupazioni mimetiche dei suoi autori che si sono curati più di 'ridisegnare' il quadro che non di mettere in atto i giusti rapporti desunti dal referente (il rapporto contenuto/contenitore, l'inclusione dei colori, la materia aggiunta e sottratta).
E' proprio il voler riprodurre letteralmente la tela (i colori, le forme, i rapporti) che ne produce l'inutile moltiplicazione su ciascuna faccia del cubo (meno una, arbitrariamente esclusa) lasciandola di fatto in piano. Ecco: invece che una vera sostanza che dall'interno del volume si fa strada verso l'esterno corrodendone l'involucro, resta un cubo di plastica blu con cinque fiori di carta incollati sopra.
7 5 6

Calantropio
Catania
Morando
Sorbello


MONDO SFERA
Singolarmente titolato, per masochistica volontà degli stessi autori, con un'inedita imprecazione ("Mondo Sfera!"), l'oggetto materializza con disarmata lucidità le proprie difficoltà costruttive che hanno finito per cancellare inesorabilmente le buone intenzioni espressive che avrebbe voluto, ma non è riuscito a dire.
Certo era perfetto un mondo di 'bolle' per costruire il contesto della sfera. Ma la sfera si è purtroppo schiacciata su un lato ed è diventata scura e ovale come un pallone da rugby. E, magnifica anche l'dea del cubo opaco che avrebbe dovuto distinguersi da tutto e manifestare la sua estraneità all'acquoso contesto. Ma il cubo, lucido e riflettente, ha finito per assumere il colore e l'aspetto del mondo che lo avvolge fino a sembrare trasparente.
Tutto il contrario -mondo sfera!- di come avrebbe dovuto essere.
8 6 7