[ Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, p. 90-91 ]

L'omino di vetro

   Dato un personaggio, reale (come la Befana o Pollicino) o uno immaginario (come l'uomo di vetro, per dire il primo che mi viene in mente) le sue avventure potranno essere logicamente dedotte dalle sue caratteristiche. «Logicamente» qui è detto in rapporto a una logica fantastica o a una logica-logica? Non saprei. Forse a tutt'e due.
   Sia, per l'appunto, un uomo di vetro. Egli dovrà agire, muoversi, contrarre relazioni, subire incidenti, provocare eventi solo obbedendo alla natura della materia di cui lo immaginiamo fatto.
   L'analisi di questa materia ci offrirà la regola del personaggio.
   Il vetro è trasparente. L'uomo di vetro è trasparente. Gli si leggono i pensieri in testa. Non ha bisogno di parlare per comunicare. Non puņ dire bugie perché si vedrebbero immediatamente, a meno che egli non porti il cappello. Brutto giorno, nel paese, degli uomini di vetro, quello in cui viene lanciata la moda del cappello, cioè la moda di nascondersi i pensieri.
   Il vetro è fragile. La casa dell'uomo di vetro dovrà dunque essere tutta imbottita. I marciapiedi saranno tappezzati di materassi. Vietata la stretta i mano (!). Proibiti i lavori pesanti. Il vero medico del paese è il vetraio.
   Il vetro puņ essere colorato. E' lavabile. Eccetera. Nella mia enciclopedia, al vetro sono dedicate quattro grandi pagine, e quasi ad ogni riga s'incontra una parola che potrebbe acquistare il suo significato nella storia degli uomini di vetro. Sta lí, nero su bianco, accanto a ogni sorta di notizie chimiche, fisiche, industriali, storiche, merceologiche, e non lo sa: ma il suo posto in una fiaba è assicurato.
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